Lettere dal silenzio
Nonostante il traffico del venerdì notte Claudia riuscì a parcheggiare la Smart con relativa rapidità, proprio davanti il palazzo a vetri che, con la sua strana curvatura, le aveva sempre ricordato la vela di una barca.
Spense il motore, aprì lo sportello e raccolse la borsa quasi con un unico rabbioso movimento; ma fu un gesto maldestro perché parte del contenuto della sacca – un pacchetto di sigarette, il secondo cellulare, la pochette Prima Classe - si rovesciò tra il marciapiede e il pavimento dell’auto.
Scese e raccolse tutto imprecando a bassa voce. Qualcuno dei tanti frequentatori il Bistrò Beethoven si accorse di lei e dell’accaduto; la qual cosa la irritò ancora di più ma tanto ormai, peggio di così… Eppure la sua serata era cominciata in modo del tutto diverso da come stava terminando e, soprattutto, con ben altre prospettive.
I sandali neri tacco dieci erano bellissimi ma, ne prese definitivamente atto, di camminare veloci proprio non se ne parlava; tanto più che la gonna, lunga al ginocchio ed aderente, le impediva qualsiasi movimento rapido.
Si obbligò a moderare sia il passo sia l’ansia crescente e finalmente giunse al portone. L’edificio doveva essere quasi del tutto deserto perché quasi del tutto adibito ad uffici; attraversando l’androne si domandò se ne fosse l’unica frequentatrice e se quest’eventualità avrebbe dovuto in qualche modo preoccuparla.
Nell’ascensore – sempre troppo lento nell’arrivare al terzo piano – si guardò allo specchio.
Chiunque avrebbe detto che era in gran forma: bella ma ancor di più affascinante, elegante e determinata (qualcuno avrebbe aggiunto stronza, come se i due termini fossero sinonimi); lei invece vedeva solo il riflesso di una donna stanca, con poche ore di sonno e molti pensieri, con la pelle sciupata da troppe sigarette e dallo stress.
Spense il motore, aprì lo sportello e raccolse la borsa quasi con un unico rabbioso movimento; ma fu un gesto maldestro perché parte del contenuto della sacca – un pacchetto di sigarette, il secondo cellulare, la pochette Prima Classe - si rovesciò tra il marciapiede e il pavimento dell’auto.
Scese e raccolse tutto imprecando a bassa voce. Qualcuno dei tanti frequentatori il Bistrò Beethoven si accorse di lei e dell’accaduto; la qual cosa la irritò ancora di più ma tanto ormai, peggio di così… Eppure la sua serata era cominciata in modo del tutto diverso da come stava terminando e, soprattutto, con ben altre prospettive.
I sandali neri tacco dieci erano bellissimi ma, ne prese definitivamente atto, di camminare veloci proprio non se ne parlava; tanto più che la gonna, lunga al ginocchio ed aderente, le impediva qualsiasi movimento rapido.
Si obbligò a moderare sia il passo sia l’ansia crescente e finalmente giunse al portone. L’edificio doveva essere quasi del tutto deserto perché quasi del tutto adibito ad uffici; attraversando l’androne si domandò se ne fosse l’unica frequentatrice e se quest’eventualità avrebbe dovuto in qualche modo preoccuparla.
Nell’ascensore – sempre troppo lento nell’arrivare al terzo piano – si guardò allo specchio.
Chiunque avrebbe detto che era in gran forma: bella ma ancor di più affascinante, elegante e determinata (qualcuno avrebbe aggiunto stronza, come se i due termini fossero sinonimi); lei invece vedeva solo il riflesso di una donna stanca, con poche ore di sonno e molti pensieri, con la pelle sciupata da troppe sigarette e dallo stress.
La fredda luce della cabina le restituiva un’immagine contraddittoria e demoralizzante.
Le porte automatiche si aprirono rumorosamente davanti al suo, anzi al loro, ufficio. Studio Associato di Architettura riportava la targa in ottone con il logo smaltato a due colori; disegno realizzato da lui e materiale scelto da lei.
Le porte automatiche si aprirono rumorosamente davanti al suo, anzi al loro, ufficio. Studio Associato di Architettura riportava la targa in ottone con il logo smaltato a due colori; disegno realizzato da lui e materiale scelto da lei.
Complementari come sempre, avrebbe detto lui, almeno sul lavoro; era stata proprio lei ad obiettare qualcosa l’ultima volta che se n’era parlato e, di conseguenza, lui aveva smesso di scherzare anche su questo argomento.
Qualcosa all’ingresso catturò per un attimo la sua attenzione - le sembrò fuori posto - ma non riuscì a concentrarsi su quel pensiero tanta era l‘inquietudine che l’assaliva.
Accese le sole lampade del corridoio e si diresse verso la stanza di Alessandro, uno dei soci dello studio ma, soprattutto, il motivo per cui lei si trovava lì in quel momento.
Entrò nella camera e per un lungo momento ne respirò il silenzio; tra le luci interne ed il riflesso ocra dei lampioni giù in strada, tutto era avvolto in una piacevole penombra. Si sedette alla scrivania e cercò di riorganizzare le idee mentre vagava con lo sguardo sull’ambiente circostante.
Qualcosa all’ingresso catturò per un attimo la sua attenzione - le sembrò fuori posto - ma non riuscì a concentrarsi su quel pensiero tanta era l‘inquietudine che l’assaliva.
Accese le sole lampade del corridoio e si diresse verso la stanza di Alessandro, uno dei soci dello studio ma, soprattutto, il motivo per cui lei si trovava lì in quel momento.
Entrò nella camera e per un lungo momento ne respirò il silenzio; tra le luci interne ed il riflesso ocra dei lampioni giù in strada, tutto era avvolto in una piacevole penombra. Si sedette alla scrivania e cercò di riorganizzare le idee mentre vagava con lo sguardo sull’ambiente circostante.
Sulla sinistra c’era il più grande dei due tavoli da disegno con il raccoglitore per i progetti, davanti alla parete specchiata era sistemata la poltrona Stressless ed un enorme vaso antico; in fondo aveva trovato posto lo scaffale dei viaggi, pieno di libri fotografici e caratteristici souvenirs.
Nell’apparente tranquillità che la circondava continuava a ripetere a mente ciò che aveva sentito raccontare da una sconosciuta in un bar soltanto un’ora prima.
Nell’apparente tranquillità che la circondava continuava a ripetere a mente ciò che aveva sentito raccontare da una sconosciuta in un bar soltanto un’ora prima.
Inutilmente provava a dare un senso compiuto a quelle frasi rubate al vociare della gente ed alle insistenti domande del suo accompagnatore.
[continua... forse]