Messaggi nella nebbia
Anche questa sera c'è nebbia.
Giro a sinistra, poi sempre dritto fino al termine del viale.
Da qualche tempo la nebbia cala silenziosamente anche qui vicino al mare. Una sorta di sipario, insopportabilmente freddo e umido, sulle vite di tutti coloro che sono nascosti dietro i fari che ora mi vengono incontro.
Dopo il semaforo di nuovo a sinistra.
Oppure sono io - come sempre del resto - ad andare nel senso opposto a tutti gli altri, persino rispetto alla parte razionale di me stesso? Non sono forse io ad ignorare l'evidenza stessa della mia vita?
Il clacson di un incrocio interrompe l'inutile ragionamento metaforico.
Una coppia clandestina ha evidentemente fretta di ritornare alla finta normalità; mi fermo e li lascio passare anche se avrei la precedenza.
Riesco a scorgere lei, bionda, che infila la testa in una maglia, nera, dopo averla già indossata dalle braccia. Lui guida nervoso e fuma.
C'è un'interruzione sulla destra ma io vorrei proseguire.
Chissà perché le donne indossano i maglioni infilandoci prima le braccia mentre noi uomini facciamo sistematicamente il contrario.
Chissà com'é che una donna riesce ad operare - con precisione chirurgica - qualsiasi cambiamento nella vita di un uomo e, dopo che l'intervento è riuscito, dichiarare emotivamente deceduto il paziente.
E andarsene via, naturalmente, quasi come se nulla fosse.
Giallo al semaforo, potrei ignorarlo ma non ho fretta di niente.
Uomini e donne sono diversi. Che banalità sconcertante da raccontarsi guidando nel buio sporco di una litoranea deserta, fino ad uno spiazzo dove fermarsi a guardare il mare, o almeno sentirne la voce.
Ancora una volta mi scopro a barare con me stesso e neppure mi assolvo, non mi concedo neanche l'attenuante di una procurata depressione.
Questa è la nostra terrazza sul mare.
Giro a sinistra, poi sempre dritto fino al termine del viale.
Da qualche tempo la nebbia cala silenziosamente anche qui vicino al mare. Una sorta di sipario, insopportabilmente freddo e umido, sulle vite di tutti coloro che sono nascosti dietro i fari che ora mi vengono incontro.
Dopo il semaforo di nuovo a sinistra.
Oppure sono io - come sempre del resto - ad andare nel senso opposto a tutti gli altri, persino rispetto alla parte razionale di me stesso? Non sono forse io ad ignorare l'evidenza stessa della mia vita?
Il clacson di un incrocio interrompe l'inutile ragionamento metaforico.
Una coppia clandestina ha evidentemente fretta di ritornare alla finta normalità; mi fermo e li lascio passare anche se avrei la precedenza.
Riesco a scorgere lei, bionda, che infila la testa in una maglia, nera, dopo averla già indossata dalle braccia. Lui guida nervoso e fuma.
C'è un'interruzione sulla destra ma io vorrei proseguire.
Chissà perché le donne indossano i maglioni infilandoci prima le braccia mentre noi uomini facciamo sistematicamente il contrario.
Chissà com'é che una donna riesce ad operare - con precisione chirurgica - qualsiasi cambiamento nella vita di un uomo e, dopo che l'intervento è riuscito, dichiarare emotivamente deceduto il paziente.
E andarsene via, naturalmente, quasi come se nulla fosse.
Giallo al semaforo, potrei ignorarlo ma non ho fretta di niente.
Uomini e donne sono diversi. Che banalità sconcertante da raccontarsi guidando nel buio sporco di una litoranea deserta, fino ad uno spiazzo dove fermarsi a guardare il mare, o almeno sentirne la voce.
Ancora una volta mi scopro a barare con me stesso e neppure mi assolvo, non mi concedo neanche l'attenuante di una procurata depressione.
Questa è la nostra terrazza sul mare.
Nostra per estensione del termine, insomma mio e suo, suo di lei, ci venivo con lei, quando c'era lei!
Una piccola radura sospesa sulla scogliera nera, vicino ad un maneggio dove in primavera si sentono le grida dei bambini ogni volta che qualcuno di loro riesce ad accarezzare un puledro.
Rallento, mi fermo, freno a mano e quadro spento.
Ricapitolando. Lei non c'è, ormai guido da ore, il cellulare è talmente muto da sembrare guasto, parlo da solo e sono stupidamente tornato in un luogo che mi può solo far stare peggio. C'è altro da aggiungere?
Per la precisione la frase "lei non c'è" non spiega esattamente la situazione. "Lei è in pausa di riflessione" è una citazione decisamente più appropriata.
Vorrei scendere però temo che gli inquilini delle altre auto possano prendersela a male; già il fatto di essere qui da solo tanto normale non deve farmi apparire.
Così resto a contemplare il led verde di un telefono inutile, le luci azzurre di una radio silenziosa, il buio fitto di tutti i miei pensieri. Ma l'immobilità è un lusso che i miei nervi non possono permettersi a lungo.
Retromarcia, prima, seconda, tengo i fari bassi e via.
Le auto sulla strada ora sono sempre meno ed io mi sento sempre peggio. Pioviggina.
Se soltanto sapessi raggiungerla in qualche modo, se i gesti avessero un senso, se le parole potessero parlare.
Torno indietro, prendo a destra, passo dietro il vecchio castello.
Se... se soltanto il messaggio che è appena arrivato fosse il suo...
ore 21,17 fai attenzione per strada, questa sera c'è nebbia...
Accosto e lascio passare un tizio che ha meno pazienza di me.
Rileggo il testo ma più che altro mi accerto che sia lei il mittente.
C'è un altro sms ed io non ho ancora riflettuto sul primo.
ore 21,19 se, come immagino, passerai da qui fermati, se ti va...
Non so più che pensare e il cellulare suona ancora.
ore 21,20 io ti aspetto...
Mi sembra che ci sia di nuovo campo. Nella mia vita, intendo!
La nebbia - questa è una cosa che d'ora in poi mi ricorderò - non sempre nasconde la strada da percorrere.
Una piccola radura sospesa sulla scogliera nera, vicino ad un maneggio dove in primavera si sentono le grida dei bambini ogni volta che qualcuno di loro riesce ad accarezzare un puledro.
Rallento, mi fermo, freno a mano e quadro spento.
Ricapitolando. Lei non c'è, ormai guido da ore, il cellulare è talmente muto da sembrare guasto, parlo da solo e sono stupidamente tornato in un luogo che mi può solo far stare peggio. C'è altro da aggiungere?
Per la precisione la frase "lei non c'è" non spiega esattamente la situazione. "Lei è in pausa di riflessione" è una citazione decisamente più appropriata.
Vorrei scendere però temo che gli inquilini delle altre auto possano prendersela a male; già il fatto di essere qui da solo tanto normale non deve farmi apparire.
Così resto a contemplare il led verde di un telefono inutile, le luci azzurre di una radio silenziosa, il buio fitto di tutti i miei pensieri. Ma l'immobilità è un lusso che i miei nervi non possono permettersi a lungo.
Retromarcia, prima, seconda, tengo i fari bassi e via.
Le auto sulla strada ora sono sempre meno ed io mi sento sempre peggio. Pioviggina.
Se soltanto sapessi raggiungerla in qualche modo, se i gesti avessero un senso, se le parole potessero parlare.
Torno indietro, prendo a destra, passo dietro il vecchio castello.
Se... se soltanto il messaggio che è appena arrivato fosse il suo...
ore 21,17 fai attenzione per strada, questa sera c'è nebbia...
Accosto e lascio passare un tizio che ha meno pazienza di me.
Rileggo il testo ma più che altro mi accerto che sia lei il mittente.
C'è un altro sms ed io non ho ancora riflettuto sul primo.
ore 21,19 se, come immagino, passerai da qui fermati, se ti va...
Non so più che pensare e il cellulare suona ancora.
ore 21,20 io ti aspetto...
Mi sembra che ci sia di nuovo campo. Nella mia vita, intendo!
La nebbia - questa è una cosa che d'ora in poi mi ricorderò - non sempre nasconde la strada da percorrere.
Sei sicuramente un uomo, caro Parolaio misterioso. Ma un uomo che pensa e scrive cosi in fondo non può essere tanto male. Ciao (sabrina74@excite.it)
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