lunedì 10 novembre 2008

“Non avevo capito niente” di Diego De Silva

Volevo farvi conoscere un mio amico, Vincenzo Malinconico.
Vincenzo vive in un libro e fa l’avvocato anzi è un avvocato.
La differenza non è semantica ma sostanziale e se lui fosse qui, a suo modo, saprebbe spiegarvela molto meglio di me (qualcosa del tipo che fai l’avvocato quando c’hai tre segretarie, dieci schiavetti che lavorano e incassi mettendo solo il nome sulle pratiche; sei un avvocato quando stai talmente scoglionato che prendi pure le cause perse e poi ti incazzi con il mondo per averne una vittoria, dimenticandoti di farti pagare).
A proposito, direbbe sempre lui, mi devo ricordare di chiamare quella furba della signora Pallucca per i soldi. Ma questa è tutta un’altra storia.
Vincenzo è così, uno che parla come pensa e si sa che pensando non è che stiamo attenti ogni volta alla punteggiatura, alla consecutio temporum oppure alla coerenza logica tra il concetto di partenza e quello di arrivo. Eppure pensiamo ugualmente e in certe occasioni i pensieri meritano di diventare parole. E le parole di essere scritte.
Certe volte Vincenzo mi telefona, mi chiede se sono impegnato o se posso parlare (anche quando gli rispondo che non posso lui continua comunque) e poi mi dice qualcosa che non mi aspetto e che mi spiazza completamente.
Lui non lo sa ma su quello che racconta ci rifletto per giorni; qualche volta mi sembra di capire ed anche quando non è così sono contento lo stesso di ragionarci sopra.
Come quando, dopo un litigio con Nives, ha tirato fuori quella storia dell’immunità sentimentale (che, cito a memoria, sarebbe una prerogativa delle stronze, di farsi amare all’infinito dando in cambio poco più di niente). Voglio dire, a una definizione così che altro si può aggiungere?
Oppure quando - dopo aver avuto il suo personale miracolo di San Gennaro, cioè dopo che quella dea di Alessandra gli ha dato il suo numero – ha dichiarato che noi siamo uomini-outlet, viviamo male il rapporto con l’attualità, perennemente in saldo e per questo patologicamente scettici rispetto alla possibilità che una gran figa ci corteggi.
Che ancora devo decidere se arrabbiarmi perché usando il plurale mi ha accomunato a sé oppure congratularmi con me stesso per avere un amico che mi conosce tanto bene da potermi offendere con affetto.
Insomma Vincenzo è come fosse il lubrificante dei miei ingranaggi mentali; conoscerlo mi serve ad evitare di surriscaldarmi e di grippare. È il mio meccanico della quotidianità.
Lui intanto si divide l’esistenza tra l’avvocatura, il vivere a Napoli (che di per sé è un'altra forma di lavoro), la quasi ex moglie, i suoi attuali due figli, qualche amico ed un amore nuovo che – non lo ammetterà mai – lo fa sentire inaspettatamente felice.
Parlando di amici volevo presentarvi anche Diego De Silva, che a sua volta conosce un tale di cui dimentico sempre il nome, uno che fa l’editor per Einaudi…
Ottime persone, gente simpatica con cui ti fai l'idea di poter parlare della vita mangiando una pizza a Via dei Tribunali. E credere che non tutto sia perduto.

2 commenti:

  1. l'ho visto dalla dandini: merita.
    ed anche tu. (ma non è che siete la stessa persona?) ciao

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  2. l'ho letto anche io,ancor prima di te, poi l'ho, entusiasticamente, prestato e ora non ce l'ho piu'. Cercavo alcune pagine del libro, per ritrovare sue frasi che mi avevano colpita,le tengo nella memoria, ma non riesco ad esprimerle con le sue parole, e ho trovato te, dopo aver letto cio' che hai scritto ho provato la una sensazione piacevolissima, come assaporare a lungo un cioccolatino
    grazie

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