venerdì 3 giugno 2016

“Mare nero” di Gabriella Genisi

Il 24 dicembre del 2009, “a cinquant’anni esatti dall’ingresso delle donne in Polizia”, alcuni tra noi hanno accompagnato per la prima volta la signorina Lolita Lobosco nelle stanze della Questura di Bari. Ivi giunti – ricalcando la fraseologia tipica dell’ambiente – la predetta Lobosco si è qualificata come commissario in servizio presso la Polizia di Stato, lì trasferita dopo tre anni in altra sede. Segni particolari: temperamento difficile e gran bella presenza, intuito fulmineo (più sul lavoro che nella vita privata) ed ironia tagliente, abilità culinarie e predilezione per scarpe francesi dall’inconfondibile suola rossa.
Da allora il commissario Lobosco di strada ne ha fatta un bel po'.
Ha risolto brillantemente indagini anche intricate in una città complicata, ha preparato un certo numero di focacce ed altre prelibatezze della cucina pugliese (con qualche influenza campana) e – nella sua strenua ricerca di “un uomo fatto a uomo (…)” che “non lo so se esiste, ma non smetterò di cercare”- ha strapazzato alcuni incauti e supponenti maschi che, per una ragione o per l’altra, hanno creduto di poterla raggirare sui sentimenti, oppure semplicemente collocarla in un angolo di vita a lei non gradito.
In occasione di un compleanno importante – quello dei quarant’anni – il commissario Lobosco, da tempo a capo della sezione omicidi, perde qualcuna delle sue lievi, a volte ingenue, intemperanze ed acquista spessore tanto come donna quanto come investigatrice. Una rinnovata passione per la giustizia le farà rincorrere la verità anche su fatti apparentemente estranei al suo ufficio (un traffico marittimo di rifiuti pericolosi) fino a risolvere definitivamente - con una pregevole trovata narrativa - un caso di omicidio in apparenza già archiviato. Come a dire che a volte esiste una verità più vera persino di quella del reo confesso e si può, anzi si deve, andarla a cercare.
Qualcos’altro da dichiarare in merito alla protagonista delle duecento pagine di “Mare nero”, ultimo edito di casa Sonzogno?
Con gli anni la penna della signora Genisi si è decisamente affinata ed è diventata più incisiva, attenta a togliere piuttosto che ad aggiungere particolari; per questo ancora più apprezzabile è il risultato, perfettamente riuscito, di evidenziare la sensibilità della protagonista anche a scapito di quell’indole battagliera che l’ha fatta amare (lo sfogo dopo la prima immersione è illuminante in tal senso).
La lettura, comunque, pur facendo riflettere in più occasioni sulle miserie della nostra società globalizzata anche nel delinquere, non perde niente della sua leggerezza complessiva.
Il romanzo già dall’incipit preconizza le future vicende del neo questore Lobosco - nominato tale per meriti speciali - appena giunto nella nuova sede veneta, lontano da quel mare Adriatico che sembra essere l’unico “personaggio” maschile degno di nota.
Fin d’ora ci si potrebbe oziosamente chiedere se l'ex commissario finalmente troverà l’amore oppure se si scontrerà con altri pregiudizi amplificati dal ruolo di comando, dalla sua avvenenza e dal dover giocare fuori casa, in un contesto lavorativo che può rivelarsi più o meno misogino.
Non resta che attendere il prossimo caso da risolvere e chiudere questo verbale di sommarie informazioni dopo averlo fatto leggere, confermare e sottoscrivere dalla diretta interessata.
Nel frattempo, con un po' di faccia tosta, magari chiederle se fosse possibile assaggiare i suoi spaghetti all’assassina, oppure riso patate e cozze o, al limite, quei famosi panzerotti... Lolì non per comando, sia chiaro, al limite come una preghiera.


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