"These streets" di Paolo Nutini
Meglio un italiano che è costretto a cantare nella lingua d'Albione per rincorrere il successo o meglio uno scozzese autentico (da quattro generazioni almeno, a leggere le note ufficiali sul suo sito) che ha il nome italico e suona un'ottima chitarra pop & soul?
A parte la retorica domanda il ragazzo (sia detto a merito dei suoi vent'anni) ci sa fare ed ha talento. C'è poco da dire e da aggiungere a quel (poco) che già è stato scritto.
Forse è uno dei migliori lavori pubblicati nel 2006 anche se le playlist radiofoniche lo contemplano tuttora con una piacevole frequenza.
Easy pop oppure soft rock, non credo che abbia molta importanza; ognuno riconduca la sua musica dove vuole e dove può.
Così come ricordare i Beatles piuttosto che Bowie sembra più un esercizio di stile che una reale necessità; pare più ovvio pensare (ma forse anche questo è un errore) che in camera sua, accanto alla libreria, ci sia almeno un cd degli Oasis, forse qualcuno dei Travis, sicuramente Jack Johnson e almeno "Parachutes" dei Coldplay.
I testi pure sono tutt'altro che irrilevanti e prevedibili (almeno in confronto al restante panorama british): il punto di vista di un ragazzo su questo "big bad world", sulle cose da fare, le strade da percorrere e, soprattutto, gli amori da vivere.
Da incentivare la sua propensione per le ballad e medaglia d'oro per quella che titola l'album.
These streets have too many names for me
I'm used to Glenfield road
and spending my time down in Arkie
I'll get used to this eventually
I know, I know
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