Duecento gradini - tre
Per un attimo penso tu stia interpretando la parte che ti riesce meglio - quella della vittima – e mi pento tardivamente di averti cercato un’altra volta.
Ma c’è qualcosa nell’espressione del tuo viso, nel tono rassegnato della tua voce, che gela il mio compatimento ed inaspettatamente mi sento più vicina di quanto tu possa percepire.
Vorrei dirti che gran parte di quello che pensi, di quello che dici e persino di ciò che sei ha cambiato per sempre la mia vita e questo è accaduto senza che io me ne accorgessi, è successo anche quando non lo avrei voluto.
Potrei persino fornirti le prove di tutto quello che sto pensando se il farlo avesse un senso e se potessi convincertene in qualche modo.
«Non è vero e lo sai», mi limito a ripetere parole che so di averti già detto in un’altra vita.
«Io non so niente, io non so un cazzo di niente. Io non ho mai saputo quello che ti passava realmente per la testa! Questa è l’unica certezza che ho». Hai gli occhi liquidi ma non lo ammetteresti mai per cui fingo di non essermene accorta e provo ancora ad arrivare da qualche parte dentro di te.
«Tu sai che non è così», mentre mi chiedo se ha senso continuare questa conversazione.
«Quello che so è che la donna di cui ero innamorato se n’è andata con un colpo di telefono perché non valevo neppure il disturbo di un incontro. Quello che so è che prima ancora non ha mai trovato il modo di dirmi cosa provasse per me.»
Se non sapessi chi sei forse avrei paura a restare nella stessa stanza con l’uomo che ho di fronte. Sembri così freddo e razionale che le tue parole assumono un significato diverso da quello che tu vorresti che fosse.
Ti comporti come quei bambini che vogliono fare da soli ma in realtà richiamano l’attenzione dei genitori, come chi domanda aiuto con gli occhi mentre la voce grida di andare via. Siamo ancora al cercarsi e non trovarsi mai!
Chissà se sei sempre stato così oppure se quel rancore che ti sforzi di nascondere ora ti ha svuotato l’anima.
Vorrei dire qualcosa – più per evitarti di aggiungere altro male che per reale voglia di interloquire – ma la tua rabbia controllata me lo impedisce e mi scoraggia.
«E so anche che quella donna è riuscita a lasciarmi senza neppure essere costretta a dirlo… Maledizione, neppure quello hai fatto, ché le parole ho finito col dirmele da solo mentre in sottofondo c’era soltanto il tuo silenzio!»
Sapevo che saremmo arrivati a questo punto e riconosco di non essere preparata; tutta la strada che ho fatto per essere qui - tutti quei gradini ingombri di pensieri - e la salita non è ancora terminata.
«Non potevo fare diversamente allora». Sto mentendo, lo so io e lo sai anche tu che me lo fai notare subito.
«Stronzate. Cosa non potevi fare? Non potevi rimanere oppure non potevi dirmi dei tuoi sentimenti?»
Taccio. Non so cosa rispondere, davvero, non so cos’altro dirti.
Non so neppure se voglio andarmene lasciando le cose al punto in cui sono ora oppure se stasera tanto vale andare fino in fondo e domani davvero volto pagina. E taccio ancora.
«Rispondimi, per favore. Ho bisogno di saperlo, Anna, è un mio diritto saperlo, cazzo!»
«Diritto? Ma che vuol…». Ti prego non ricominciare con le tue inutili lezioni sull’etica della coppia.
«Come puoi essere così arrogante? Come fai a non capire che è importante? Quando si è innamorati certe parole vanno dette… certe carezze vanno fatte… certi momenti devono essere vissuti.»
«Ma…». Lezioni che non ti puoi permettere, ti direi se mi lasciassi parlare.
«Dopo puoi correggere quelle parole, puoi chiarire le situazioni, puoi perfino riprenderti indietro i gesti come se non li avessi mai compiuti… Quando ti accorgi di esserti sbagliata puoi sempre ripensarci e nessuno potrà farci niente.»
Mi sto incazzando davvero e, quel che è peggio, non so se accade per ciò che dici o per lo sforzo che faccio nel non ascoltarti; riesci a far male anche quando non vuoi e quel dolore verso cui mi stai portando io vorrei non sentirlo più.
«Ho il diritto di sapere perché non mi hai concesso niente. Non so se mi hai amato e non so quando hai smesso di farlo. Con i tuoi silenzi hai finito col negare la nostra stessa esistenza e certe volte mi pare di essermi immaginato tutto!»
Neppure mi sono accorta che non c’è più il tuo tavolo tra di noi ed ora mi sei vicino tanto quanto non vorrei; anche le tue mani che mi sollevano il mento mi sembrano un’intimità che non possiamo permetterci.
Così è che ritrovo il sentore del tuo dopobarba, lo stesso che impregnava per giorni tutti i miei golf ed i cuscini del divano.
«Mi hai cancellato ed io non so neppure se sono mai stato reale.»
Stai dicendo qualcosa ma ti sento appena, posso evitare di guardarti, forse riesco a non pensare per un po’ ma di sicuro devo respirare e nel farlo percepisco inesorabilmente anche te, la tua vicinanza, il tuo profumo.
Gli odori sono i ricordi più subdoli tra tutti, i più imprevedibili, quelli che arrivano inaspettati ed hanno la forza di evocare immagini e pensieri, persino di muovere azioni.
«Perché non mi hai mai detto cosa sentivi per me?»
Occhi negli occhi mi sembri anche sincero ma forse sei soltanto disperato ed io magari lo sono più di te.
Quello che vuoi è la mia resa incondizionata all’evidenza di ciò che pure è stato tra di noi a dispetto di una qualunque definizione.
In questo attimo preciso ti detesto per l’angoscia che avverto e per le lacrime di commiserazione che tu non vedi ma ci sono.
«Perché non lo so fare, cazzo, non lo so fare. Non ne sono capace o almeno pensavo di non esserlo, pensavo di poterne fare a meno.»
Vorrei dirti che gran parte di quello che pensi, di quello che dici e persino di ciò che sei ha cambiato per sempre la mia vita e questo è accaduto senza che io me ne accorgessi, è successo anche quando non lo avrei voluto.
Potrei persino fornirti le prove di tutto quello che sto pensando se il farlo avesse un senso e se potessi convincertene in qualche modo.
«Non è vero e lo sai», mi limito a ripetere parole che so di averti già detto in un’altra vita.
«Io non so niente, io non so un cazzo di niente. Io non ho mai saputo quello che ti passava realmente per la testa! Questa è l’unica certezza che ho». Hai gli occhi liquidi ma non lo ammetteresti mai per cui fingo di non essermene accorta e provo ancora ad arrivare da qualche parte dentro di te.
«Tu sai che non è così», mentre mi chiedo se ha senso continuare questa conversazione.
«Quello che so è che la donna di cui ero innamorato se n’è andata con un colpo di telefono perché non valevo neppure il disturbo di un incontro. Quello che so è che prima ancora non ha mai trovato il modo di dirmi cosa provasse per me.»
Se non sapessi chi sei forse avrei paura a restare nella stessa stanza con l’uomo che ho di fronte. Sembri così freddo e razionale che le tue parole assumono un significato diverso da quello che tu vorresti che fosse.
Ti comporti come quei bambini che vogliono fare da soli ma in realtà richiamano l’attenzione dei genitori, come chi domanda aiuto con gli occhi mentre la voce grida di andare via. Siamo ancora al cercarsi e non trovarsi mai!
Chissà se sei sempre stato così oppure se quel rancore che ti sforzi di nascondere ora ti ha svuotato l’anima.
Vorrei dire qualcosa – più per evitarti di aggiungere altro male che per reale voglia di interloquire – ma la tua rabbia controllata me lo impedisce e mi scoraggia.
«E so anche che quella donna è riuscita a lasciarmi senza neppure essere costretta a dirlo… Maledizione, neppure quello hai fatto, ché le parole ho finito col dirmele da solo mentre in sottofondo c’era soltanto il tuo silenzio!»
Sapevo che saremmo arrivati a questo punto e riconosco di non essere preparata; tutta la strada che ho fatto per essere qui - tutti quei gradini ingombri di pensieri - e la salita non è ancora terminata.
«Non potevo fare diversamente allora». Sto mentendo, lo so io e lo sai anche tu che me lo fai notare subito.
«Stronzate. Cosa non potevi fare? Non potevi rimanere oppure non potevi dirmi dei tuoi sentimenti?»
Taccio. Non so cosa rispondere, davvero, non so cos’altro dirti.
Non so neppure se voglio andarmene lasciando le cose al punto in cui sono ora oppure se stasera tanto vale andare fino in fondo e domani davvero volto pagina. E taccio ancora.
«Rispondimi, per favore. Ho bisogno di saperlo, Anna, è un mio diritto saperlo, cazzo!»
«Diritto? Ma che vuol…». Ti prego non ricominciare con le tue inutili lezioni sull’etica della coppia.
«Come puoi essere così arrogante? Come fai a non capire che è importante? Quando si è innamorati certe parole vanno dette… certe carezze vanno fatte… certi momenti devono essere vissuti.»
«Ma…». Lezioni che non ti puoi permettere, ti direi se mi lasciassi parlare.
«Dopo puoi correggere quelle parole, puoi chiarire le situazioni, puoi perfino riprenderti indietro i gesti come se non li avessi mai compiuti… Quando ti accorgi di esserti sbagliata puoi sempre ripensarci e nessuno potrà farci niente.»
Mi sto incazzando davvero e, quel che è peggio, non so se accade per ciò che dici o per lo sforzo che faccio nel non ascoltarti; riesci a far male anche quando non vuoi e quel dolore verso cui mi stai portando io vorrei non sentirlo più.
«Ho il diritto di sapere perché non mi hai concesso niente. Non so se mi hai amato e non so quando hai smesso di farlo. Con i tuoi silenzi hai finito col negare la nostra stessa esistenza e certe volte mi pare di essermi immaginato tutto!»
Neppure mi sono accorta che non c’è più il tuo tavolo tra di noi ed ora mi sei vicino tanto quanto non vorrei; anche le tue mani che mi sollevano il mento mi sembrano un’intimità che non possiamo permetterci.
Così è che ritrovo il sentore del tuo dopobarba, lo stesso che impregnava per giorni tutti i miei golf ed i cuscini del divano.
«Mi hai cancellato ed io non so neppure se sono mai stato reale.»
Stai dicendo qualcosa ma ti sento appena, posso evitare di guardarti, forse riesco a non pensare per un po’ ma di sicuro devo respirare e nel farlo percepisco inesorabilmente anche te, la tua vicinanza, il tuo profumo.
Gli odori sono i ricordi più subdoli tra tutti, i più imprevedibili, quelli che arrivano inaspettati ed hanno la forza di evocare immagini e pensieri, persino di muovere azioni.
«Perché non mi hai mai detto cosa sentivi per me?»
Occhi negli occhi mi sembri anche sincero ma forse sei soltanto disperato ed io magari lo sono più di te.
Quello che vuoi è la mia resa incondizionata all’evidenza di ciò che pure è stato tra di noi a dispetto di una qualunque definizione.
In questo attimo preciso ti detesto per l’angoscia che avverto e per le lacrime di commiserazione che tu non vedi ma ci sono.
«Perché non lo so fare, cazzo, non lo so fare. Non ne sono capace o almeno pensavo di non esserlo, pensavo di poterne fare a meno.»
[continua... forse]
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