mercoledì 24 dicembre 2008

Duecento gradini - quattro

Ti allontani di scatto come se quello che ho detto ti avesse colpito fisicamente; come se non sapessi già ciò che ti è piaciuto farmi ammettere, ipocrita che non sei altro.
In fondo mi sta bene anche così, purché la facciamo finita.
Il conforto di poterti odiare mi semplifica la vita e – anche se non ti darò mai questa soddisfazione – posso ammettere che da sola non sarei capace di una catarsi come quella in cui mi hai condotto.
Tu bevi un sorso di vino e mi scruti; io invece ho bisogno di un bicchiere d’acqua e ti volto le spalle. Questa volta sono io a sperare di non trovarti più quando mi girerò.
Invece sembra tu non ne abbia ancora abbastanza.
«Non ti capisco Anna, non ti credo! Hai sempre fatto girare il mondo a tuo piacere ed ora ti aspetti che mi faccia bastare questa risposta?»
Devi essere stupido perché altrimenti avresti già compreso che non ha più senso continuare e che non riuscirai a farmi sentire peggio di così. Provo a cambiare le parole.
«Ma è la verità, credevo di poter fare a meno dei sentimenti.»
«Credevi di poterne fare a meno con me! Lui dov’è?»
Non sei stupido, sei solo uno stronzo! Ecco qual è il tuo problema.
Più che comprendere cos’è andato storto tra di noi ti importa dare sfogo al livore accumulato nei mesi trascorsi, nella tua ostentata dignitosa sofferenza.
Nella tua patetica visione del mondo cerchi ancora il controllo di un territorio che - pur non essendo mai stato tuo – ti secca possa essere stato di qualcun altro.
«Non c’è nessun lui.»
In parte sto mentendo anche se sono tentata di dirti la verità, per la voglia di vedere l’espressione del tuo viso passare da quel grigio ottuso ad un azzurro senziente.
«Non più almeno.» Mi terrò la mia curiosità.
Potrei raccontarti che averlo incontrato è stato, al tempo stesso, un errore ed una rivelazione perché anche così ho capito quanto tu fossi importante e quanto la mia vita fosse già completa.
Potrei dirti che persino lui ora è consapevole di quanto conti per me e, sapendolo, ha fatto l’unica cosa che poteva fare.
Potrei fornirti altre rassicurazioni ma invano perché sento che stai inutilmente pontificando su cose che non sai.
«Che è successo, hai modificato il tuo progetto di vita? Oppure l’ha cambiato lui? Ammesso che ne abbia mai avuto uno che comprendesse anche te!»
Ecco, per l’appunto, fatti che non sai e che, comunque vada, non ti racconterò mai.
Dopo tanti anni sono ancora qui a chiedermi cosa provo davvero per te e per quale ragione non riesco a lasciarti da qualche parte nel passato. Per quanti siano stati i buoni motivi per allontanarci altrettanti ne ho saputo trovare per starti vicino.
Se non è amore questo – o almeno una qualche specie d’amore – allora non so proprio che altro nome abbia.
«Io sono venuta qui, ci sto provando. Dammi tregua». Forse ti aspettavi una reazione più veemente ma non ne ho voglia e, in fondo, mi diverte ancora spiazzarti; non hai mai imparato ad adeguarti ai miei cambi di ritmo nel parlare, nell’agire, persino nel fare l’amore.
«Stai provando a far cosa?» e sei quasi tenero nella tua reazione.
«Non lo so. Mi sembra sia rimasto un nodo da qualche parte alle mie spalle. Vorrei capire se devo stringerlo o scioglierlo per sempre.»
Per la prima volta da quando sono qui sento di aver detto la cosa giusta. Sarà perché sono stata sincera.
Il tuo silenzio è una conferma indiretta di ciò che sto pensando; ora, ti prego, continua a star zitto e vediamo che succede.
«Stavo cercando… sto cercando di fare pulizia nella mia vita e ci sei andato di mezzo anche tu.»
«Sapere che non ce l’avevi con me personalmente mi fa sentire meglio».
Questa te la concedo ma non ti basterà una mezza battuta per venirne fuori; tanto più che hai fatto la tua parte perché le cose andassero a rovescio come sai.
«Anche tu hai fatto le tue scelte e…»
«Certo ma…». Niente ma, per favore stai zitto.
«Aspetta, fammi finire. Anche tu hai commesso errori o, comunque, preso decisioni discutibili. Ora hai scelto la parte della vittima solo perché è più comodo così.»
Mi sento stanchissima adesso ed ho un po’ freddo.
Vorrei non avere più bocca e orecchie solo per far riposare un po’ i pensieri ed invece so che con te non mi sarà possibile.
Forse sei la persona di cui più mi fido al mondo e al tempo stesso quella con cui sento di dover stare sempre in guardia per qualcosa.
Non mi capisco e i fatti dimostrano che non ho saputo capire neanche te, che ora mi guardi con l’aria sempre più stranita.
«Anna dovevi solo dirmi che mi amavi oppure che non era così. Niente più di questo». Hai il respiro affannato ed un’inesauribile scorta di parole. «Qualunque cosa avessi detto sarebbe stata comunque un punto di partenza, in una direzione o nell’altra.»
Hai gli occhi stanchi e, maledizione, sempre un buon odore.
«Qualunque cosa sarebbe stata meglio di saluti frettolosi, messaggi scarabocchiati sulla tastiera di un annoiato cellulare o interminabili silenzi.»
E c’hai ragione pure tu. Ho la nausea anch’io di messaggi al cellulare e contatti che non so più chi sono loro e, di conseguenza, non so più neppure chi sono io.
Se non fosse per te che – sia pure con tutti i tuoi difetti - sei ancora qui ed ancora ti sforzi di ricordarmi quel poco che sono stata e che ho saputo darti di me stessa.
«Invece così hai finito col negarmi tutto. Amore, amicizia, tutto!»
[continua... forse]

4 commenti:

  1. nnon so cosa pensare, non riesco a decidere se mi sta più simpatica anna oppure l'uomo senza nome.. certo che c'è da pensare su un incontro del genere
    finirà col finire dell'anno? :)
    ciao

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  2. a me stanno un po' sul c... ambedue!
    ed anche gli altri scritti trovo abbastanza inutili.

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  3. all'anonimo: ogni parere è lecito.
    ed altrettanto inutile!!
    a PF: allora?

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  4. la domanda è: quindi,quando pensi di finire (se pensi di finire?
    :)

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