mercoledì 14 gennaio 2009

Duecento gradini - cinque

Non è che resti molto da aggiungere dopo il tuo epitaffio.
Eppure ci provo lo stesso, con una caparbietà che – duecento gradini fa – non avevo o non sapevo di avere.
«La verità è che abbiamo perso tempo e il tempo alla fine si è vendicato.»
Questa, forse, non è la sola realtà che saremo costretti a lasciarci alle spalle ma almeno è qualcosa su cui ti osservo riflettere un attimo prima di parlare.
«La verità è che ti sei lasciata governare dall’orgoglio con la stessa stupidità con cui un uomo si fa comandare dal suo uccello.»
E tu conosci bene quest’argomento vero? Per la prima volta stasera ho la sensazione che sia stato tu a dire la cosa sbagliata, quanto meno perché mi hai rammentato ciò che vorresti io dimenticassi.
«Non ricordavo quanto fossi…» Sto per aggiungere presuntuoso ma, quasi avessi letto i miei pensieri, mi interrompi per un po’ di tardiva autocritica.
«Per le decisioni che ho preso sono colpevole io e non l’ho mai negato; per quelle che non ho preso la responsabilità invece è tua. Anche se non vorrai ammetterlo mai!»
«…stronzo», quel presuntuoso mi sembrava poco ormai.
«Ed io quanto fossi infida e… bella.»
Invece stronzo rende abbastanza bene l’idea che in questo momento ho di te; anche se non riesco mai a dirtelo con sufficiente cattiveria.
Perché - a dispetto della tua saccente intelligenza - spesso hai fatto la cosa sbagliata senza volerti preoccupare delle conseguenze; perché sai di essere una persona sensibile e a volte credi che questo ti dia il diritto di giudicare la sensibilità altrui.
Stronzo perché riesci a trovare le parole giuste anche nel momento sbagliato, persino per confessare le tue colpe o rendere più lieve l’aria intorno a noi.
Come hai appena fatto, per esempio, mentre ti appoggiavi sul piano alle tue spalle e finalmente rilassavi quel solco che hai sul viso.
Non so più che fare con te. Questo è il mio primo pensiero e solo a me stessa posso confessarlo.
Davvero non so cosa pensare e in quest’incertezza sono consapevole che provocarti – come sto facendo ora – è quanto di più divertente e pericoloso possa fare.
«Hai parlato sempre al passato, non sei più innamorato di me?»
Di nuovo quell’imbarazzo perplesso che sembra paralizzarti e ti rende più simpatico di quanto tu non possa credere.
«Anna…» è l’unico suono che emetti perché se parli ancora potresti ridere e non lo vuoi.
«…vaffanculo. Si, hai ragione, me lo sono cercato». Il resto, come vedi, me lo dico da sola perché anch’io, al tuo posto, me lo ripeterei.
Prima mi guardavi il seno ed ora che mi avvicino a te vorrei sentirmeli addosso quegli occhi, come fossero dita intorno a un’asola che deve essere liberata; tu invece cerchi ancora gli occhi miei per rintracciare la linea di un orizzonte che non c’è.
Hai le mani fredde ed io che te le afferro non so se mi gira abbastanza sangue nelle vene per scaldarti ancora.
Se potessi, per stanchezza più che per convinzione, cancellerei tutto quello che c’è stato prima di quest’attimo preciso, solo per assaporare la sensazione di sentirmi più leggera e chiederti di abbracciarmi.
Per quanto sai essere sfacciato e passionale nell’intimità altre volte sembri inutilmente cerimonioso; adesso, per esempio, mi accarezzi la pelle come se il mio corpo ti fosse sconosciuto e scambi i fremiti che pure mi procuri per una debolezza che invece non ho più.
Sento il rumore degli ingranaggi nella tua testa anche se non so quale altro pensiero stai fabbricando. Vorrei stessi zitto ma so che non lo farai.
«Che cosa provi per me?»
Non ho intenzione di risponderti, Luca, non in questa vita, non questa sera, non ora almeno. Una risposta non l’avrai perché non so neppure se una risposta c’è.
Mentre premo la mia bocca sulla tua mi sembra di essere arrivata; non so dove sono ma è come se un viaggio fosse terminato. Riconosco a me stessa che sei il nord sulla mia bussola ed ora non m’importa sapere se l’ago gira a vuoto insieme alla mia vita.
Dischiudo le labbra per invitarti a entrare e vengo a cercarti, accarezzando la tua lingua con la mia.
In un bacio tutte le parole cui ti aggrappi mi appaiono uno spreco.
Ho fame, ho sete ed il sapore del tuo alito non mi basta mai; trattengo le tue labbra con i denti come fosse una minaccia, come l’annuncio di quello che sarà.
Il tuo ennesimo interrogativo, finalmente, si infrange qui perché avverto che ti sciogli in un abbraccio un po’ più forte ed il tuo corpo ora sta cercando il mio.
Per un attimo non sento più il vestito tra le gambe e tra un minuto vorrò davvero non sentirlo più. Mi metti addosso sempre la stessa frenesia ed ancora mi stupisco sia così.
Mani nelle mani, ora guido le tue dita su di me perché non ho più tempo da aspettare e voglio amarti come se non ti avessi amato mai. Amarti come tu vuoi e come, probabilmente, non ho saputo fare mai.
Non so quello che pensi e non m’importa se non sai scorgere nel fondo dei miei occhi quella consapevolezza che ora c'è.
Io non potrò mai essere tua più di quanto tu stesso voglia prendere.

5 commenti:

  1. non so più che pensare di te, o dovrei dire di voi?
    siete un uomo e una donna vero? magari non una coppia ma siete indue a scrivere
    BRAVI

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  2. Ciao.. sara sai che forse hai ragione?
    però bel racconto anzi belli pure gli altri che ho letto

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  3. ma che importanza ha se è lui lei o loro?
    per me comunque parolaio sei lui
    e sei bravo
    ciao a te

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  4. originale l'idea dle doppio punto di vista
    buona lettura

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  5. bravo pf
    mi sei piaciuto anche questa volta
    ale

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