Lettere dal silenzio - cinque
Il ronzio del telefono la richiamò alla realtà e scoprì di aver ricevuto tre sms senza essersi accorta per tempo dei primi. Marco alle undici anzi alle ventitrèzerozero, come avrebbe sottolineato lui, che le rinfacciava giustamente un altro brutto appuntamento; Marco meno di un’ora dopo le inviava una gelida buonanotte con troppi punti di sospensione perché l’augurio potesse essere veritiero.
Adesso si era aggiunto il messaggio di un altro tizio che da qualche tempo la annoiava; un tale verso cui lei aveva commesso il grande errore di farlo sentire diverso da quella nullità che era!
Nessuno meritava una risposta.
Tornò al tavolo e provò ancora una volta a dare un senso a quelle lettere – quelle del pennarello rosso – scritte sul retro delle buste.
Adesso si era aggiunto il messaggio di un altro tizio che da qualche tempo la annoiava; un tale verso cui lei aveva commesso il grande errore di farlo sentire diverso da quella nullità che era!
Nessuno meritava una risposta.
Tornò al tavolo e provò ancora una volta a dare un senso a quelle lettere – quelle del pennarello rosso – scritte sul retro delle buste.
Le dispose ordinatamente separando vocali e consonanti ma neppure questo l’aiutò a comprendere qualcosa di più. Tra quelle ancora chiuse c’erano quattro lettere O e altre due lettere A; alcune di queste sembravano contenere molte pagine ed erano quelle che più la attraevano e spaventavano al tempo stesso.
Ormai l’inquietudine era quasi del tutto scomparsa per lasciare spazio se non ad una nuova coscienza almeno all’intenzione di fare chiarezza. Non sarebbe andata via senza prima aver saputo tutto ciò che poteva, senza prima aver compreso tutto quello che fino ad allora aveva scelto di ignorare.
Scelse una lettera L, tirò i lembi senza troppa cura e scorse con emozione la grafia minuta ed ordinata di Alessandro su varie pagine piegate tra loro; alcuni fogli caddero sul pavimento e nel raccoglierli non potè fare a meno di leggere e restare ancora una volta senza fiato.
“Ma come è possibile che tu non te ne accorga? Non puoi non sapere, maledizione, non puoi non vedere quanto io sia innamorato di te. Sono innamorato di te Claudia. Sono innamorato di te da così tanto tempo che neppure lo ricordo. Io ti amo. Ti amo con quella ottusa determinazione che può avere solo chi si è ormai abituato a stare nell’ombra. Nonostante il tuo evidente disinteresse, forse ti amo proprio perché resto sempre un passo dietro te, dietro l’ultima delle quinte di un palcoscenico su cui tu vuoi altri protagonisti o, semplicemente, non vuoi me.
Ormai l’inquietudine era quasi del tutto scomparsa per lasciare spazio se non ad una nuova coscienza almeno all’intenzione di fare chiarezza. Non sarebbe andata via senza prima aver saputo tutto ciò che poteva, senza prima aver compreso tutto quello che fino ad allora aveva scelto di ignorare.
Scelse una lettera L, tirò i lembi senza troppa cura e scorse con emozione la grafia minuta ed ordinata di Alessandro su varie pagine piegate tra loro; alcuni fogli caddero sul pavimento e nel raccoglierli non potè fare a meno di leggere e restare ancora una volta senza fiato.
“Ma come è possibile che tu non te ne accorga? Non puoi non sapere, maledizione, non puoi non vedere quanto io sia innamorato di te. Sono innamorato di te Claudia. Sono innamorato di te da così tanto tempo che neppure lo ricordo. Io ti amo. Ti amo con quella ottusa determinazione che può avere solo chi si è ormai abituato a stare nell’ombra. Nonostante il tuo evidente disinteresse, forse ti amo proprio perché resto sempre un passo dietro te, dietro l’ultima delle quinte di un palcoscenico su cui tu vuoi altri protagonisti o, semplicemente, non vuoi me.
Ti amo perché da te non voglio nulla e al tempo stesso vorrei avere tutto. Ti amo perché non mi rassegno ancora al tuo rifiuto di ogni intimità, emotiva o mentale che sia.
Ho cercato di dirtelo, ho provato a fartelo capire ma, forse per mia incapacità, sicuramente per tua indifferenza, non ho saputo interessarti più di così. Ora non ho più voglia di avvicinarmi a te perché il tuo scherno fa più male persino dei tuoi no; perché il sarcasmo ormai è diventato il tuo rimedio per ogni caso della vita ed io proprio non riesco ad accettarlo.
Ho cercato di dirtelo, ho provato a fartelo capire ma, forse per mia incapacità, sicuramente per tua indifferenza, non ho saputo interessarti più di così. Ora non ho più voglia di avvicinarmi a te perché il tuo scherno fa più male persino dei tuoi no; perché il sarcasmo ormai è diventato il tuo rimedio per ogni caso della vita ed io proprio non riesco ad accettarlo.
Non ti capisco, spesso non ti capisco e per questo mi danno inutilmente la vita perché comprenderti e ciò che vorrei di più”.
Alessandro innamorato!
Leggere quelle parole, dure ed appassionate, era un po’ come essere schiaffeggiata; sentiva il viso bruciarle e la gola arsa di una rabbia stanca e inutile. Peggio ancora, quelle parole la facevano sentire impreparata, indifesa.
Aveva perso il controllo della situazione. In quella stanza semi buia, in quel momento di estrema solitudine, finalmente, non controllava più gli eventi e questo pensiero, nel mentre la terrorizzava, la fece sentire anche più leggera.
Alessandro che dice di amarmi, Alessandro rifiutato!
Entrambi avevano sempre condotto vite separate, ciascuno con le proprie storie più o meno importanti, ciascuno rivolto verso interessi e persone diverse. C’erano state, è vero, alcune occasioni in cui avevano smesso di comportarsi solo come due colleghi, momenti in cui il loro legame si era rinforzato anche al di fuori del lavoro.
Lei, però, inebriata dal sentirsi cacciatrice, aveva sempre sorvolato sui gesti piuttosto che sulle parole dette e su quelle sapientemente taciute.
Accese la sua penultima sigaretta e guardo l’orologio; notte fonda ormai. Riprese a leggere quei fogli pesanti come marmo.
“Ricordi la sera dopo l’inaugurazione del palazzetto? Pensavo di piacerti, sapevo, sentivo di non esserti indifferente ma tu non dicesti nulla, né allora né dopo. Né mai più. Niente, non una parola neppure il giorno appresso.
Ma davvero hai creduto fossimo lì per caso? Che qualche bicchiere in più potesse essere una valida giustificazione per un bacio o per velare una verità abbastanza eclatante?
Non rimpiango nulla di quello che ho fatto per te, dei gesti che conosci e di quelli che non saprai mai. Avrei voluto solo che tu te ne accorgessi, soltanto un po’ di considerazione, di affetto...".
Si sorprese a ricordare tutte le volte che realmente lei si era comportata così, per quieto vivere piuttosto che per un malinteso senso di indipendenza. Una frase scherzosa sulla porta dell’ufficio, gli occhiali da sole adoperati come un paraocchi ed un arrivederci più o meno sbrigativo.
Quando avevano sbagliato la prima volta e quando l’ultima? Quando il vivere quotidiano aveva oscurato i sensi e i sentimenti come un tramonto troppo frettoloso?
“Non è facile convivere col desiderio di vederti l’indomani e, al tempo stesso, con la consapevolezza che anche quel giorno vivrà della tua allegra noncuranza. Mi sarei fatto bastare persino un rifiuto, chiaro ed indiscutibile nella sua definitività, invece che l’ennesimo sorriso un po’ tirato, una scrollata di spalle ed una battuta scherzosa.
Ho provato ad estraniarmi ed ho provato ad allontanarti ma già nel tentativo era insito il fallimento e, tutto sommato, va bene così. La mia vita è più bella se tu ci sei, per quello che ci sei, per quel poco che vuoi dare di te stessa.
E questa potrebbe anche essere la mia considerazione finale. Quello che non è accaduto non è accaduto. Quello che non hai detto non sentivi di dirmelo. Quello che non hai fatto non hai voluto fare. Se non mi ami allora non mi ami.
A questa verità anche il più stupido degli innamorati deve arrivare, magari attraverso la strada più lunga e tortuosa, proprio come penso di esserci arrivato io.
Ché peggio sarebbe stato – ed a volte purtroppo mi arrovello ancora in questi pensieri – se tu avessi annegato qualunque sentimento in un mare di silenzi e di omissioni, in nome della tua orgogliosa indipendenza”.
Sentì una lacrima affilata come una lama segnarle il viso; serrò i pugni intorno ai fogli e la ignorò.
“Quanto ho desiderato la tua complicità, quanto avrei voluto che ti lasciassi andare, una volta, una volta soltanto. Per convincermi di non aver immaginato tutto, per sentire davvero i tuoi pensieri e accarezzarti l’anima.
Non posso sapere se ci sarei riuscito ma so che ci avrei provato davvero e forse, probabilmente, le nostre vite avrebbero seguito altri percorsi”.
Il pianto vero, quella disperazione liberatoria di cui sentiva il bisogno, ancora non c’era ma sapeva che non avrebbe tardato. Girò l’ultima pagina e lesse l’ultima frase.
“Perché, a dispetto della tua sprezzante autosufficienza, amarti mi arricchisce e forse mi rende una persona migliore”.
Punto a capo. Punto e basta.
La stanza era satura di fumo e di fogli sparsi.
I suoi pensieri rincorrevano le parole solo apparentemente immobili sulla carta senza riuscire a raggiungerle, ad impadronirsene del tutto.
Le quattro del mattino ed aveva letto quasi tutto ciò che lui le aveva lasciato.
Parte, si trasferisce. Così era cominciata quella lunga notte ed ancora non sapeva come e quando sarebbe terminata.
Alessandro trasloca la propria vita ed Alessandro che non era mai stato tanto vicino come in quel momento.
Questa per lei era la novità più sconcertante anche se un’indicibile tristezza scosse i suoi singhiozzi sopiti.
Alessandro innamorato!
Leggere quelle parole, dure ed appassionate, era un po’ come essere schiaffeggiata; sentiva il viso bruciarle e la gola arsa di una rabbia stanca e inutile. Peggio ancora, quelle parole la facevano sentire impreparata, indifesa.
Aveva perso il controllo della situazione. In quella stanza semi buia, in quel momento di estrema solitudine, finalmente, non controllava più gli eventi e questo pensiero, nel mentre la terrorizzava, la fece sentire anche più leggera.
Alessandro che dice di amarmi, Alessandro rifiutato!
Entrambi avevano sempre condotto vite separate, ciascuno con le proprie storie più o meno importanti, ciascuno rivolto verso interessi e persone diverse. C’erano state, è vero, alcune occasioni in cui avevano smesso di comportarsi solo come due colleghi, momenti in cui il loro legame si era rinforzato anche al di fuori del lavoro.
Lei, però, inebriata dal sentirsi cacciatrice, aveva sempre sorvolato sui gesti piuttosto che sulle parole dette e su quelle sapientemente taciute.
Accese la sua penultima sigaretta e guardo l’orologio; notte fonda ormai. Riprese a leggere quei fogli pesanti come marmo.
“Ricordi la sera dopo l’inaugurazione del palazzetto? Pensavo di piacerti, sapevo, sentivo di non esserti indifferente ma tu non dicesti nulla, né allora né dopo. Né mai più. Niente, non una parola neppure il giorno appresso.
Ma davvero hai creduto fossimo lì per caso? Che qualche bicchiere in più potesse essere una valida giustificazione per un bacio o per velare una verità abbastanza eclatante?
Non rimpiango nulla di quello che ho fatto per te, dei gesti che conosci e di quelli che non saprai mai. Avrei voluto solo che tu te ne accorgessi, soltanto un po’ di considerazione, di affetto...".
Si sorprese a ricordare tutte le volte che realmente lei si era comportata così, per quieto vivere piuttosto che per un malinteso senso di indipendenza. Una frase scherzosa sulla porta dell’ufficio, gli occhiali da sole adoperati come un paraocchi ed un arrivederci più o meno sbrigativo.
Quando avevano sbagliato la prima volta e quando l’ultima? Quando il vivere quotidiano aveva oscurato i sensi e i sentimenti come un tramonto troppo frettoloso?
“Non è facile convivere col desiderio di vederti l’indomani e, al tempo stesso, con la consapevolezza che anche quel giorno vivrà della tua allegra noncuranza. Mi sarei fatto bastare persino un rifiuto, chiaro ed indiscutibile nella sua definitività, invece che l’ennesimo sorriso un po’ tirato, una scrollata di spalle ed una battuta scherzosa.
Ho provato ad estraniarmi ed ho provato ad allontanarti ma già nel tentativo era insito il fallimento e, tutto sommato, va bene così. La mia vita è più bella se tu ci sei, per quello che ci sei, per quel poco che vuoi dare di te stessa.
E questa potrebbe anche essere la mia considerazione finale. Quello che non è accaduto non è accaduto. Quello che non hai detto non sentivi di dirmelo. Quello che non hai fatto non hai voluto fare. Se non mi ami allora non mi ami.
A questa verità anche il più stupido degli innamorati deve arrivare, magari attraverso la strada più lunga e tortuosa, proprio come penso di esserci arrivato io.
Ché peggio sarebbe stato – ed a volte purtroppo mi arrovello ancora in questi pensieri – se tu avessi annegato qualunque sentimento in un mare di silenzi e di omissioni, in nome della tua orgogliosa indipendenza”.
Sentì una lacrima affilata come una lama segnarle il viso; serrò i pugni intorno ai fogli e la ignorò.
“Quanto ho desiderato la tua complicità, quanto avrei voluto che ti lasciassi andare, una volta, una volta soltanto. Per convincermi di non aver immaginato tutto, per sentire davvero i tuoi pensieri e accarezzarti l’anima.
Non posso sapere se ci sarei riuscito ma so che ci avrei provato davvero e forse, probabilmente, le nostre vite avrebbero seguito altri percorsi”.
Il pianto vero, quella disperazione liberatoria di cui sentiva il bisogno, ancora non c’era ma sapeva che non avrebbe tardato. Girò l’ultima pagina e lesse l’ultima frase.
“Perché, a dispetto della tua sprezzante autosufficienza, amarti mi arricchisce e forse mi rende una persona migliore”.
Punto a capo. Punto e basta.
La stanza era satura di fumo e di fogli sparsi.
I suoi pensieri rincorrevano le parole solo apparentemente immobili sulla carta senza riuscire a raggiungerle, ad impadronirsene del tutto.
Le quattro del mattino ed aveva letto quasi tutto ciò che lui le aveva lasciato.
Parte, si trasferisce. Così era cominciata quella lunga notte ed ancora non sapeva come e quando sarebbe terminata.
Alessandro trasloca la propria vita ed Alessandro che non era mai stato tanto vicino come in quel momento.
Questa per lei era la novità più sconcertante anche se un’indicibile tristezza scosse i suoi singhiozzi sopiti.
In bocca le rimase, acre, il sapore di tutto il tempo perso.
Tirò su col naso e strappò, testarda, la lettera E segnata sull’ultima busta…
Tirò su col naso e strappò, testarda, la lettera E segnata sull’ultima busta…
Devo ancora decidere se ci sono troppi particolari o troppo pochi. Però bello, molto coinvolgente. Ma quell'ultima lettera? Quanto vorrei leggerla. Ciao.
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