mercoledì 8 ottobre 2008

Sta andando tutto bene - due

I successivi novanta minuti – tanti ne sono occorsi perché io potessi trovarmi in fila per prendere un taxi – mi sembra siano volati. Nel senso letterale dell’espressione anche se ne viene fuori uno stupido gioco di parole.
Ho tollerato sovrappensiero i controlli di sicurezza, il sedile angusto in coda all’MD80 e un po’ di turbolenza da qualche parte sopra il Tirreno; tra decollo, vuoti d’aria e corridoio di discesa mi sembra di non aver mai tolto la cintura di sicurezza.
Ho persino aiutato la nonna turchina che mi precedeva nella fila e che non ce l’avrebbe mai fatta a trasportare quell’armadio a quattro ante che aveva deciso di usare come valigia.
Vado a trovare i miei nipoti in Argentina” ha tenuto a precisare a me e ad una assonnata impiegata che cercava di farle inutilmente comprendere la necessità di pagare un supplemento per quasi sessanta chili di bagaglio non previsto.
Io non ho neppure uno zaino e ciò contribuisce a rendere piacevole questo viaggio inconsueto; mi trovo lontano da dove normalmente sarei in un giorno qualunque e non c’è nessuno che sappia dove sono. Non ancora almeno.
Però ho quasi due ore di ritardo sulla mia personale tabella di marcia e, mentre l’auto bianca si accosta al marciapiede, comincio ad avvertire una certa trepidazione che mi obbliga a mormorare, fiaccamente, che va ancora tutto bene.
Mi siedo, guardo la faccia fintamente cordiale dell’autista e – mentre mi rendo conto che sono le prime parole che pronuncio da ieri sera – indico la mia destinazione e poi aggiungo, tanto per essere sicuri, anche il quartiere.
Lui ingrana la marcia ed esce dalla corsia di stazionamento immettendosi nell’apparentemente ingovernabile caos a quattro ruote. Noto che lascia spento il navigatore e la cosa, chissà perché, mi piace; evidentemente anche lui, come me, sa dove andare ma lui, più di me, sa cosa lo aspetta all’arrivo mentre io non riesco proprio ad immaginarlo.
Ora che sono così vicino mi sembra di aver fatto una sciocchezza e per un lungo momento mi sento fuori posto. Un cretino fuori posto, per la precisione.
Vago con i pensieri al di fuori dai finestrini mentre il taxi entra nel raccordo autostradale e si dirige verso il mio futuro. Che poi è un tutt’uno col presente ed il passato.
Non ricordo più da quanto la conosco. È un modo di dire ma realmente devo pensarci un attimo prima di assegnare un numero agli anni trascorsi; nove, forse dieci, dipende anche da quando comincio a fare il conto.
Dapprima cordialmente indifferenti l’uno all’altro, siamo diventati amici per caso e poi nemici per sbaglio, per un equivoco, per uno stupido malinteso. E dopo di nuovo amici – questa volta per scelta – con la voglia di dividersi il lavoro e il tempo libero, le giornate buone così come i momenti duri.
Anni interi sono passati in questo modo, a litigare per finta per poi far pace sul serio seduti davanti a qualche birra e troppe sigarette, discutendo su qualsiasi cosa fino a non poterne più; ivi comprese le reciproche liasons con altre persone a cui - chissà per quale ragione - mancava sempre qualcosa per essere quelli giusti.
Ed infine, circa un anno fa, il nostro – il mio - piccolo orizzonte è cambiato nuovamente. Lei con un nuovo lavoro e soprattutto con una voglia irrefrenabile di trasferirsi, io che ho finito col dire qualche parola sbagliata per via della mia atavica paura di ogni cambiamento.
La nostra – la mia - vita quotidiana si è trasformata all’improvviso.
In tutti questi mesi ci siamo visti abbastanza spesso ed altrettante volte abbiamo finito col ritrovarci nelle nostre lunghe ed emozionanti conversazioni velate, forse, da un certo imbarazzo.
All’inizio mi sembrò essere quel comprensibile disagio di chi si ritrova dopo una forzata lontananza poi, quando l’alba ci ha trovato più volte vicini e silenziosi, ho capito che le troppe cose fino ad allora taciute esigevano una voce. Il silenzio tutto ad un tratto ha cominciato a fare molto rumore.
Da allora credo di aver formulato centinaia di domande e spero che alcune avranno presto una risposta. La luce dei sentimenti oppure il buio della ragione? La preoccupazione di perdersi o la paura di trovarsi davvero? Un amore da negare oppure una passione da vivere?
La frenata decisa della monovolume cancella i miei flashback e mi ritrovo in una desolante realtà. Il traffico è bloccato per chissà quale ragione ed il mio ritardo su un appuntamento che non c’è sta aumentando in maniera esponenziale.
Se potessi scenderei qui e mi incamminerei nella corsia di emergenza; il tassista, però, dev’essere uno d’esperienza perché mi osserva dal retrovisore e cerca di prevenire il panico con un rassicurante “È tutto ok, dottò. Mò se sblocca”.
[continua... forse]

1 commento:

  1. Lo so che sta per succedere qualcosa,lo sento..... quanto ci metti?
    Ho dovuto metterti tra i preferiti per starti appresso.
    Ciao.

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