lunedì 6 ottobre 2008

Sta andando tutto bene

La domanda, per quanto inutile e retorica, sorge spontanea non appena le porte a vetri si aprono automaticamente e mi investe uno sbuffo di aria fredda.
Riuscirò mai ad essere il primo della fila ad un banco check-in?
Sono le cinque e mezzo del mattino, pensavo di essere in anticipo ma davanti a me ci sono disordinatamente almeno venti persone.
È poco più di una curiosità la mia ma davvero, per qualsiasi volo io abbia preso, non mi è mai capitato di ricevere la prima carta d’imbarco e scegliere comodamente il primo dei posti disponibili.
Sono sorpreso di trovare così tanta gente a quest’ora perché in fondo l’estate è finita e si è appena concluso anche un noioso weekend. È una fresca giornata di un caldo settembre e quella stessa aria condizionata che tra qualche ora sarà indispensabile adesso mi infastidisce.
Per ora sono l’ultimo della coda e mi posiziono dietro un’anziana signora con i capelli riflessi d’azzurro ed un’assurda valigia alta molto più di lei e apparentemente pesante qualche quintale.
La signora non si muove di un passo e lo stesso fanno quelli che la precedono tranne due bambini che giocano a rincorrersi, troppo piccoli per essere composti e troppo svegli per la mia tolleranza mattutina.
Il personale non ha ancora iniziato le operazioni preliminari e, mentre me ne chiedo la ragione, mi accorgo del cartello scritto a mano posizionato sul bancone: “Problemi tecnici, ritardo partenza”.
Il monitor che ho davanti agli occhi, invece, lampeggia in corrispondenza del mio volo e chiama addirittura il boarding now.
Pennarello batte elettronica uno a zero.
Va tutto bene, penso, mentre ricaccio indietro una punta di irritazione, non sarà certo questo contrattempo a rovinarmi la giornata.
Del resto neppure una prolungata e prevedibile insonnia è riuscita a mettermi di cattivo umore.
Comodamente steso in poltrona, al buio di una veranda sui cui vetri riflettevano le luci notturne della costa, ho metodicamente rivisto tutti i miei programmi del giorno seguente, come uno stratega avrebbe fatto con i propri piani di guerra.
Aeroporto, parcheggio, partenza, arrivo, taxi, sorpresa, io dico, lei dice… e di nuovo un’altra volta, con qualche variazione sul tema e piccoli timori da scacciare ogni volta per quell’imponderabile che può sempre accadere a dispetto di qualsiasi organizzazione.
La pianificazione, ad essere sinceri, si presenta inutilmente dettagliata all’inizio ma poi nel corso della giornata si frantuma contro piccoli - imprevedibili ma fondamentali – dettagli su cui io non alcun controllo.
Per tacere della paura principale, quella relativa alla sua reazione: stupore, allegria, fastidio o cos’altro? Anche ora, al solo ripensarci, mi sembra venga nuovamente meno la determinazione di partire.
Invece resto saldo nei miei propositi e torno a ripetermi - amara ed ineluttabile verità – che non ho niente da perdere e, al contrario, forse finirò col ritrovare un po’ di rispetto per me stesso.
Forse saprò dire alla donna che amo ciò che provo e forse – ma questo è il primo pieno della lotteria – non glielo dirò invano.
Intanto la fila ha cominciato a muoversi verso un altro sportello ed io, dopo brevissima riflessione sul concetto di efficienza applicato dalla nostra compagnia di bandiera, riesco a relegare da qualche parte le mie ansie ed a ripetermi che sta andando tutto bene.
[continua... forse]

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