Ti ricordi di me? - tre
Ho fatto tutto ciò che dovevo. Come uno bravo scolaro, fin dal risveglio, ho finito in bella copia tutti i compiti assegnati.
Sono andato a correre sul lungo lago che era presto e la foschia del mattino teneva ancora testa alla luce del sole; ho anche incontrato quella ragazza con cui non sono mai riuscito a scambiare più di un saluto ed un sorriso.
In ufficio sono stato di un’efficienza esemplare tutto il giorno, diligentemente concentrato persino nel difficilissimo compito di fotocopiare documenti e collazionare fascicoli.
Mi sono obbligato a non pensare e, ancora di più, a non speculare inutilmente su avvenimenti completamente al di fuori del mio controllo.
Sono andato a correre sul lungo lago che era presto e la foschia del mattino teneva ancora testa alla luce del sole; ho anche incontrato quella ragazza con cui non sono mai riuscito a scambiare più di un saluto ed un sorriso.
In ufficio sono stato di un’efficienza esemplare tutto il giorno, diligentemente concentrato persino nel difficilissimo compito di fotocopiare documenti e collazionare fascicoli.
Mi sono obbligato a non pensare e, ancora di più, a non speculare inutilmente su avvenimenti completamente al di fuori del mio controllo.
Qualunque cosa, insomma, pur di rimandare a data da destinarsi un inesorabile confronto con inconfessate aspettative.
Ora sto tornando a casa con le mani ingombre dai sacchetti della spesa e, mentre attraverso velocemente l’atrio comune ai due edifici, sento che la borsa più pesante sta cedendo pericolosamente.
Mi sono regalato un’altra bottiglia tra quelle di cui ho sentito parlare a lezione, anche se non ho alcuna intenzione di accompagnarla con il ricco abbinamento culinario consigliato. Un po’ di Asiago stagionato e pane pugliese saranno una cena più che onorevole.
Mentre l’ascensore arriva continuo a ripetermi che non accadrà nulla e che non c’è niente per cui valga la pena agitarsi; ora che lo specchio mi tiene compagnia fino al sesto piano posso finalmente ammettere che in parte mi sono preso in giro tutto il giorno.
Così, ostentando un’indifferenza che non ho, mi ritrovo a fissare il bulldog steso sul pavimento che fa la guardia ad un pezzo di carta infilato sotto lo zerbino, giusto all’altezza del suo muso.
Più che sperarlo ho temuto questo momento perché so di essere del tutto impreparato all’incalzare degli eventi.
Dopo aver aperto la porta tiro su il biglietto e mi lascio alle spalle inquietudini vecchie per affrontare preoccupazioni nuove.
Il foglio bianco ripiegato – che riconosco essere lo stesso di ieri – ora si trova sulla penisola in cucina ed è un invito difficile da ignorare.
Nel forno stanno tostando due grosse fette di pane, l’aroma forte del formaggio riempie la stanza ed il vino si sta lentamente ossigenando.
Più che un invito è una provocazione e come tale voglio considerarla prendendomi il lusso di procrastinare ancora un po’ l’inevitabile.
Con eccessiva attenzione scelgo il bicchiere più adatto tra i pochi che posseggo - questa sera non ho intenzione di romperne un altro – e poi verso il vino soffermandomi sui riflessi e sul profumo.
Nel lettore metto su Kisses in the rain di Rick Braun attivando le funzioni random e repeat all; che è un po’ come dire al mio Sam immaginario suona quello che ti pare ma stasera non lasciarmi solo.
La tromba inizia a fare il suo lavoro e a me tocca fingermi determinato. Torno in cucina ed apro il biglietto.
In qualche modo ha trovato lo spazio per aggiungere nuove parole a quello che ci siamo già scritti ma la grafia adesso è più disordinata. Mi occorre un minuto per riuscire a leggere il tutto senza confonderlo con le frasi precedenti; me ne serve qualcuno in più per realizzare che ha davvero scritto ciò vedo.
Mi spiace che il tuo pensiero nei miei confronti sia così negativo... non è vero che quello che dici o scrivi per me non conta... sai benissimo, da sempre, che non è mai stato così...
Inoltre mi ferisce profondamente se ancora una volta leggo che non sai come comportarti con me...
Mi auguro di rivederti presto...
Questa volta neppure un sorso generoso riesce a riempire il vuoto che mi sento dentro e il vino mi sembra amaro e inconsistente.
Se il compatirsi avesse un peso specifico adesso il mio sarebbe superiore a quello dell’uranio ed io ne sarei meritatamente schiacciato.
Rileggo le sue parole senza comprenderne il senso ed anche le mie ora mi sembrano, una volta di più, inutili; con rabbia mi chiedo come ho fatto a crederci di nuovo.
I musicisti sembrano aver capito che aria tira e attaccano il terzo brano del cd, con un titolo quanto mai profetico.
Come può dire che sono io a ferirla profondamente? La nostra storia, tutto ciò che è accaduto, è prova del contrario. Non si tratta di un pensiero negativo, Anna, ma è la realtà di ciò che è stato, di ciò che ancora è nonostante il tempo sia passato.
Da quando ha importanza ciò che penso? Che neppure a dire ti amo sono riuscito a interessarti quel tanto che bastava per averne una risposta, una qualunque.
E poi c’è quell’augurio di rivederci presto, come se le nostre vite fossero ancora comunicanti e la distanza che separa due rampe di scale non fosse ormai incolmabile.
Se sapessi farlo romperei qualcosa solo per sfogarmi un po’ ma sono consapevole di essere mediocre pure in questo e so quanto invece le piacciano temperamenti più impetuosi e travolgenti.
Il cane, intanto, sta abbaiando un’altra volta.
Ora sto tornando a casa con le mani ingombre dai sacchetti della spesa e, mentre attraverso velocemente l’atrio comune ai due edifici, sento che la borsa più pesante sta cedendo pericolosamente.
Mi sono regalato un’altra bottiglia tra quelle di cui ho sentito parlare a lezione, anche se non ho alcuna intenzione di accompagnarla con il ricco abbinamento culinario consigliato. Un po’ di Asiago stagionato e pane pugliese saranno una cena più che onorevole.
Mentre l’ascensore arriva continuo a ripetermi che non accadrà nulla e che non c’è niente per cui valga la pena agitarsi; ora che lo specchio mi tiene compagnia fino al sesto piano posso finalmente ammettere che in parte mi sono preso in giro tutto il giorno.
Così, ostentando un’indifferenza che non ho, mi ritrovo a fissare il bulldog steso sul pavimento che fa la guardia ad un pezzo di carta infilato sotto lo zerbino, giusto all’altezza del suo muso.
Più che sperarlo ho temuto questo momento perché so di essere del tutto impreparato all’incalzare degli eventi.
Dopo aver aperto la porta tiro su il biglietto e mi lascio alle spalle inquietudini vecchie per affrontare preoccupazioni nuove.
Il foglio bianco ripiegato – che riconosco essere lo stesso di ieri – ora si trova sulla penisola in cucina ed è un invito difficile da ignorare.
Nel forno stanno tostando due grosse fette di pane, l’aroma forte del formaggio riempie la stanza ed il vino si sta lentamente ossigenando.
Più che un invito è una provocazione e come tale voglio considerarla prendendomi il lusso di procrastinare ancora un po’ l’inevitabile.
Con eccessiva attenzione scelgo il bicchiere più adatto tra i pochi che posseggo - questa sera non ho intenzione di romperne un altro – e poi verso il vino soffermandomi sui riflessi e sul profumo.
Nel lettore metto su Kisses in the rain di Rick Braun attivando le funzioni random e repeat all; che è un po’ come dire al mio Sam immaginario suona quello che ti pare ma stasera non lasciarmi solo.
La tromba inizia a fare il suo lavoro e a me tocca fingermi determinato. Torno in cucina ed apro il biglietto.
In qualche modo ha trovato lo spazio per aggiungere nuove parole a quello che ci siamo già scritti ma la grafia adesso è più disordinata. Mi occorre un minuto per riuscire a leggere il tutto senza confonderlo con le frasi precedenti; me ne serve qualcuno in più per realizzare che ha davvero scritto ciò vedo.
Mi spiace che il tuo pensiero nei miei confronti sia così negativo... non è vero che quello che dici o scrivi per me non conta... sai benissimo, da sempre, che non è mai stato così...
Inoltre mi ferisce profondamente se ancora una volta leggo che non sai come comportarti con me...
Mi auguro di rivederti presto...
Questa volta neppure un sorso generoso riesce a riempire il vuoto che mi sento dentro e il vino mi sembra amaro e inconsistente.
Se il compatirsi avesse un peso specifico adesso il mio sarebbe superiore a quello dell’uranio ed io ne sarei meritatamente schiacciato.
Rileggo le sue parole senza comprenderne il senso ed anche le mie ora mi sembrano, una volta di più, inutili; con rabbia mi chiedo come ho fatto a crederci di nuovo.
I musicisti sembrano aver capito che aria tira e attaccano il terzo brano del cd, con un titolo quanto mai profetico.
Come può dire che sono io a ferirla profondamente? La nostra storia, tutto ciò che è accaduto, è prova del contrario. Non si tratta di un pensiero negativo, Anna, ma è la realtà di ciò che è stato, di ciò che ancora è nonostante il tempo sia passato.
Da quando ha importanza ciò che penso? Che neppure a dire ti amo sono riuscito a interessarti quel tanto che bastava per averne una risposta, una qualunque.
E poi c’è quell’augurio di rivederci presto, come se le nostre vite fossero ancora comunicanti e la distanza che separa due rampe di scale non fosse ormai incolmabile.
Se sapessi farlo romperei qualcosa solo per sfogarmi un po’ ma sono consapevole di essere mediocre pure in questo e so quanto invece le piacciano temperamenti più impetuosi e travolgenti.
Il cane, intanto, sta abbaiando un’altra volta.
[continua... forse]
Allora???
RispondiEliminaNon è che posso stare qui a pettinare i bambolotti.... scherzo!!
Dai continua, ti prego continua...
Sono d'accordo!
RispondiEliminaMa mi sa tocca aspettare domani. Avete notato che questa volta pubblica a giorni alterni?
Dai PF
va di moda questo blog?
RispondiEliminama quante siamo a passare di qui ogni giorno?
qualcuno lo conosce PF?
io lo conosco bene
RispondiElimina