Ti ricordi di me? - due
Sono trascorsi sei mesi dalla telefonata di cui fa cenno nel biglietto; faccio mentalmente il conto mentre cerco di accendermi una Marlboro nell’aria fredda di questa sera.
Da allora non l’ho più cercata e naturalmente lei non ha cercato me; meglio ancora, io non ho più avuto la forza di inseguirla e lei non aveva alcun motivo per farlo.
La brace si consuma in fretta, una boccata la tiro io ed un’altra la porta via il vento. Anche questo momento durerà poco, penso con rinnovato disfattismo.
La telefonata, in un pomeriggio di fine estate, non era stata una conversazione ma un assalto condotto allo scopo di demolire tutto ciò che poteva esserlo in una relazione: stima, considerazione, amicizia, amore. E l’elenco potrebbe continuare ancora.
Avevo provato a replicare ma era stato anche peggio; al colmo della frustrazione avevo urlato anch’io ma lei aveva riso della mia rabbia. Quando avevo fatto le mie domande dall’altra parte c’era stato il solito agghiacciante silenzio.
Quel giorno, per motivi che solo lei conosce e che io mi sono dannato ad immaginare, aveva semplicemente deciso di distruggere qualcuno ed era soltanto arrivato il mio turno.
Probabilmente perché, per iniziare una nuova vita e un nuovo amore, è più facile lasciarsi alle spalle detriti che, per loro stessa natura, non possono tenerti legato e non rappresentano una valida ragione per guardarsi indietro.
«E fanculo se si tratta delle macerie di un uomo che ti ama, vero Anna?», domando inutilmente ad una pianta di geranio che potrebbe partecipare ad un esperimento sulla mummificazione.
Ho freddo ma mi sforzo di restare fuori ancora un po’ anche se la sigaretta è finita ed i miei pensieri non mi hanno portato da nessuna parte. In casa c’è quel biglietto che mi attrae e mi respinge quasi fosse un magnete impazzito, esattamente come colei che l’ha scritto.
Sappi che ti ho pensato. Mi auguro di vederti presto...
Oltre l’intrinseca sorpresa del messaggio ci sono quelle frasi a rendermi ancora più ansioso. Che significato ha – detto da lei – ti ho pensato? Come può augurarsi di vedermi presto e soprattutto perché?
Che cos’altro può volere dato che non c’è rimasto molto da distruggere della mia malferma personalità?
Rientrando in casa mi assale il sentore del vino sparso intorno al divano così mi ricordo che pulire e mettere in ordine è una delle mie attività preferite quando sono nervoso. L’altra è correre ma di fare jogging alle undici di sera in pieno inverno non se ne parla.
C’è un altro particolare che mi inquieta e che, con un’ennesima domanda, metto a fuoco soltanto ora. Perché portarmi un biglietto e non inviarmi un sms, una mail o qualsiasi altra forma di comunicazione mediata?
Considerando che abitiamo nello stesso stabile – Piazza della Rovere 10, lei al quarto piano scala A, io due piani più su scala B – riuscire a non incontrarci in tutto questo tempo è stato un miracolo di casualità e pianificazione, quest’ultima almeno da parte mia.
In linea retta, a scavare un tunnel tra il mio ed il suo appartamento, non ci sono più di trenta metri.
Venire fino alla mia porta è stato di per sé un messaggio il cui esatto significato mi sfugge anche se intuisco che vuol essere importante non meno di ciò che ha scritto.
Riempio un altro bicchiere fino alla sua metà restando a guardare in controluce la tensione che si crea sulla superficie del liquido racchiuso tra le pareti di vetro.
Prendo una decisione e bevo un lungo sorso facendomene riscaldare e traendone una baldanza che un attimo fa non avevo.
Il biglietto è ancora sul divano e c’è dello spazio da riempire intorno alle sue frasi tondeggianti; mi serve una penna che fatico a trovare ed ho bisogno di un minimo di lucidità per non apparire a lei più ridicolo di quanto non mi senta io.
Ti ricordi di me? Ne sono davvero sorpreso!
Ho letto ciò che scrivi ma l'unica risposta che so darti è che ormai ho paura di dire qualunque cosa.
Anche perché, sono certo mi comprenderai, so bene a quanto poco servano le mie parole, comprese quelle che ti sto scrivendo proprio in questo momento!
Senza polemica, senza rancore e senza l'intento nascosto di provocare una tua reazione. Semplicemente è stata una lezione molto dolorosa; mettere nero su bianco serve a ricordamene!
Ho esagerato oppure è troppo poco? Le parole avevano nella mia testa un suono migliore di quanto non mi appaia mentre le rileggo; il sarcasmo non ha mai fatto parte mio repertorio e, comunque, non ho mai saputo esibirlo con lei.
Nel vino che resta in fondo al calice trovo l’incoraggiamento per riportare il biglietto al mittente ma, ne sono più che consapevole, so di commettere l’ennesimo sbaglio della mia vita.
Da allora non l’ho più cercata e naturalmente lei non ha cercato me; meglio ancora, io non ho più avuto la forza di inseguirla e lei non aveva alcun motivo per farlo.
La brace si consuma in fretta, una boccata la tiro io ed un’altra la porta via il vento. Anche questo momento durerà poco, penso con rinnovato disfattismo.
La telefonata, in un pomeriggio di fine estate, non era stata una conversazione ma un assalto condotto allo scopo di demolire tutto ciò che poteva esserlo in una relazione: stima, considerazione, amicizia, amore. E l’elenco potrebbe continuare ancora.
Avevo provato a replicare ma era stato anche peggio; al colmo della frustrazione avevo urlato anch’io ma lei aveva riso della mia rabbia. Quando avevo fatto le mie domande dall’altra parte c’era stato il solito agghiacciante silenzio.
Quel giorno, per motivi che solo lei conosce e che io mi sono dannato ad immaginare, aveva semplicemente deciso di distruggere qualcuno ed era soltanto arrivato il mio turno.
Probabilmente perché, per iniziare una nuova vita e un nuovo amore, è più facile lasciarsi alle spalle detriti che, per loro stessa natura, non possono tenerti legato e non rappresentano una valida ragione per guardarsi indietro.
«E fanculo se si tratta delle macerie di un uomo che ti ama, vero Anna?», domando inutilmente ad una pianta di geranio che potrebbe partecipare ad un esperimento sulla mummificazione.
Ho freddo ma mi sforzo di restare fuori ancora un po’ anche se la sigaretta è finita ed i miei pensieri non mi hanno portato da nessuna parte. In casa c’è quel biglietto che mi attrae e mi respinge quasi fosse un magnete impazzito, esattamente come colei che l’ha scritto.
Sappi che ti ho pensato. Mi auguro di vederti presto...
Oltre l’intrinseca sorpresa del messaggio ci sono quelle frasi a rendermi ancora più ansioso. Che significato ha – detto da lei – ti ho pensato? Come può augurarsi di vedermi presto e soprattutto perché?
Che cos’altro può volere dato che non c’è rimasto molto da distruggere della mia malferma personalità?
Rientrando in casa mi assale il sentore del vino sparso intorno al divano così mi ricordo che pulire e mettere in ordine è una delle mie attività preferite quando sono nervoso. L’altra è correre ma di fare jogging alle undici di sera in pieno inverno non se ne parla.
C’è un altro particolare che mi inquieta e che, con un’ennesima domanda, metto a fuoco soltanto ora. Perché portarmi un biglietto e non inviarmi un sms, una mail o qualsiasi altra forma di comunicazione mediata?
Considerando che abitiamo nello stesso stabile – Piazza della Rovere 10, lei al quarto piano scala A, io due piani più su scala B – riuscire a non incontrarci in tutto questo tempo è stato un miracolo di casualità e pianificazione, quest’ultima almeno da parte mia.
In linea retta, a scavare un tunnel tra il mio ed il suo appartamento, non ci sono più di trenta metri.
Venire fino alla mia porta è stato di per sé un messaggio il cui esatto significato mi sfugge anche se intuisco che vuol essere importante non meno di ciò che ha scritto.
Riempio un altro bicchiere fino alla sua metà restando a guardare in controluce la tensione che si crea sulla superficie del liquido racchiuso tra le pareti di vetro.
Prendo una decisione e bevo un lungo sorso facendomene riscaldare e traendone una baldanza che un attimo fa non avevo.
Il biglietto è ancora sul divano e c’è dello spazio da riempire intorno alle sue frasi tondeggianti; mi serve una penna che fatico a trovare ed ho bisogno di un minimo di lucidità per non apparire a lei più ridicolo di quanto non mi senta io.
Ti ricordi di me? Ne sono davvero sorpreso!
Ho letto ciò che scrivi ma l'unica risposta che so darti è che ormai ho paura di dire qualunque cosa.
Anche perché, sono certo mi comprenderai, so bene a quanto poco servano le mie parole, comprese quelle che ti sto scrivendo proprio in questo momento!
Senza polemica, senza rancore e senza l'intento nascosto di provocare una tua reazione. Semplicemente è stata una lezione molto dolorosa; mettere nero su bianco serve a ricordamene!
Ho esagerato oppure è troppo poco? Le parole avevano nella mia testa un suono migliore di quanto non mi appaia mentre le rileggo; il sarcasmo non ha mai fatto parte mio repertorio e, comunque, non ho mai saputo esibirlo con lei.
Nel vino che resta in fondo al calice trovo l’incoraggiamento per riportare il biglietto al mittente ma, ne sono più che consapevole, so di commettere l’ennesimo sbaglio della mia vita.
[continua... forse]
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